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SOLUZIONE 12 LETTERE: ANACREONTICA  Poesia frivola e galante coltivata nel Settecento Dizy

La poesia frivola e galante del Settecento: l’arte dell’anacreontica tra eleganza e leggerezza

Origini e caratteristiche della poesia anacreontica

Nel variopinto panorama letterario del Settecento italiano ed europeo, la poesia frivola e galante trovò una delle sue espressioni più raffinate nella tradizione anacreontica. Questa forma poetica, che prende il nome dal poeta greco Anacreonte vissuto nel VI secolo a.C., si caratterizzava per la leggerezza dei temi, la grazia dello stile e una certa spensieratezza di fondo che ben si adattava all’atmosfera culturale dell’epoca. La poesia anacreontica celebrava prevalentemente i piaceri della vita mondana: l’amore, il vino, i banchetti, la bellezza femminile e il piacere dei sensi, riflettendo lo spirito edonistico e raffinato che permeava i salotti aristocratici del tempo.

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Il contesto storico-culturale: l’Arcadia e il recupero dell’anacreontica

La rinascita della tradizione anacreontica nel Settecento italiano si colloca perfettamente nel contesto del movimento arcadico, fondato a Roma nel 1690. L’Arcadia proponeva un ideale di poesia semplice, chiara e armoniosa in opposizione agli eccessi del Barocco, e trovò nell’anacreontica una forma espressiva ideale. Nei consessi dell’Accademia dell’Arcadia, i poeti assumevano nomi pastorali e si immaginavano in un’Arcadia idealizzata, dove la vita scorreva serena tra amori innocenti e piaceri semplici. Questa cornice bucolica si sposava perfettamente con la sensibilità anacreontica, creando un connubio che dominò buona parte della produzione poetica settecentesca italiana.

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I maggiori interpreti della poesia anacreontica italiana

Tra i maggiori cultori della poesia anacreontica in Italia spiccano figure come Paolo Rolli, Pietro Metastasio e Jacopo Vittorelli. Rolli, in particolare, fu un raffinatissimo interprete del genere, capace di donare alle sue composizioni una musicalità e una leggerezza straordinarie. Le sue raccolte di “Canzonette” e “Endecasillabi” rappresentano veri gioielli della produzione anacreontica settecentesca. Metastasio, sebbene più noto per i suoi melodrammi, compose anch’egli deliziose canzonette di gusto anacreontico, caratterizzate da una notevole perfezione formale. Vittorelli, attivo tra Settecento e Ottocento, rappresentò invece l’ultima grande voce della tradizione anacreontica italiana, con le sue celebri “Anacreontiche ad Irene”.

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Forme e metri della poesia anacreontica

Dal punto di vista formale, la poesia anacreontica settecentesca prediligeva strutture metriche agili e cantabili. La forma più tipica era la quartina di settenari o ottonari, spesso con rime alternate, che conferiva alle composizioni un andamento musicale particolarmente adatto all’accompagnamento strumentale. Non a caso, molte canzonette anacreontiche venivano effettivamente musicate e cantate nei salotti. Altri metri frequenti erano il quinario e il senario, mentre più raro era l’uso dell’endecasillabo, considerato troppo solenne per i temi leggeri tipici del genere. Questa attenzione alla musicalità del verso rifletteva l’ideale settecentesco di una poesia che fosse fonte di piacere estetico immediato.

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I temi ricorrenti nelle composizioni anacreontiche

L’universo tematico della poesia anacreontica ruotava intorno a un numero limitato di motivi, trattati con grazia e leggerezza. L’amore, ovviamente, dominava queste composizioni, ma si trattava di un sentimento ben diverso dalla passione travolgente di altre tradizioni poetiche: nelle anacreontiche settecentesche l’amore è un gioco galante, un piacevole passatempo, spesso rappresentato attraverso la figura di Cupido che scocca le sue frecce. Altro tema ricorrente era il vino, celebrato come fonte di ispirazione poetica e di spensieratezza. La natura appariva in queste composizioni non nella sua maestosità, ma nei suoi aspetti più delicati: fiori, ruscelli, zefiri, usignoli popolavano i versi anacreontici, creando ambientazioni idilliache e rasserenanti.

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La dimensione sociale della poesia anacreontica

Sarebbe riduttivo considerare la poesia anacreontica settecentesca come mero divertissement privo di significato sociale. In realtà, questa produzione aveva una precisa funzione nella società del tempo: rappresentava un codice di comunicazione nei salotti aristocratici e borghesi, veicolando valori e comportamenti che definivano l’appartenenza a un certo ambiente culturale. La capacità di comporre, recitare o apprezzare versi anacreontici era segno di raffinatezza e buona educazione. Inoltre, la leggerezza e l’edonismo di questa poesia riflettevano l’ideale di vita di un’aristocrazia che, pur avvertendo i primi segnali della crisi che l’avrebbe travolta con la Rivoluzione Francese, cercava nel piacere e nella bellezza una temporanea evasione.

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L’anacreontica e la critica: declino e rivalutazione

Con l’avvento del Romanticismo, la poesia anacreontica subì un drastico declino e venne spesso relegata al ruolo di frivola produzione d’intrattenimento, priva di autentici valori poetici. La critica ottocentesca, alla ricerca di una letteratura impegnata e sentimentalmente autentica, guardò con sospetto a queste composizioni considerate artificiose e superficiali. Fu solo nel corso del Novecento, con una più equilibrata prospettiva storica, che la poesia anacreontica venne rivalutata come espressione significativa della cultura settecentesca e come testimonianza di un gusto letterario raffinatissimo. Oggi gli studiosi riconoscono nelle migliori produzioni anacreontiche del Settecento non solo un notevole valore formale, ma anche la capacità di esprimere, attraverso l’apparente leggerezza, una visione del mondo e una sensibilità caratteristiche di un’epoca cruciale della storia culturale europea.

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