Klaus Kinski e il suo Nosferatu leggendario

Un mito del cinema horror

Klaus Kinski, attore controverso e dai tratti intensi, ha incarnato nella sua carriera alcuni dei personaggi più inquietanti della storia del cinema. Tra questi, spicca la sua interpretazione del Nosferatu, un ruolo che lo ha reso immortale nel panorama del cinema horror e che ha ridefinito l’immaginario collettivo del vampiro.

L’origine del mito

Il film Nosferatu affonda le sue radici nel capolavoro del cinema muto del 1922, diretto da F.W. Murnau. Kinski riprese questo ruolo iconico nel 1979, in una rilettura registica di Werner Herzog che omaggiava e reinterpretava il film originale, conferendo al personaggio una profondità psicologica ancora più inquietante.

Un vampiro oltre gli stereotipi

L’interpretazione di Kinski del Nosferatu si allontana completamente dai vampiri romantici e seducenti. Il suo personaggio è un essere pallido, scheletrico, con un’energia malata e perturbante che trasmette un senso di morte e sofferenza esistenziale. I suoi movimenti sono meccanici, quasi post-umani, e il suo sguardo penetrante racconta più di mille dialoghi.

La tecnica recitativa di Kinski

Per interpretare Nosferatu, Kinski mise in campo tutta la sua capacità di trasformazione fisica e mentale. Si racconta che durante le riprese diventasse letteralmente il personaggio, annullando ogni confine tra finzione e realtà. I suoi movimenti felini, la sua magrezza estrema e la sua mimica facciale lo resero un Nosferatu unico e indimenticabile.

Un’eredità cinematografica

L’interpretazione di Kinski del Nosferatu ha influenzato profondamente l’immaginario dei vampiri nel cinema. La sua versione è quella di un predatore esistenziale, non solo assetato di sangue ma di una dimensione più profonda di sofferenza e alienazione. Un essere condannato all’eternità, ma intimamente desideroso di morte.